tatapazz

oggi mi cimento in rete... bè del resto che vuoi fare al lavoro quando tutti se ne sono andati?

03 giugno 2006

LE EX, GLI EX E GLI EX SUOCERI

Vi è mai capitato di uscire per andare a una festa (che sembrano di quelle che fanno a Milano), fermarvi in un bar per carburarvi e finire a parlare delle ex (del tuo ragazzo), dopo che ti sei sciroppata un pomeriggio paranoico con il tuo ragazzo (perchè quando i maschi sono in para sono peggio delle femmine!), che sta male e tu non capisci cos'ha e soprattutto non comprendi se centri tu o è colpa tua? Vi è mai capitato, dopo aver bevuto due Cuba Libre, di avviarvi alla festa super fica (che nelle tua città una cosa simile non l'hai mai vista!) e di imbattervi nel padre della ex del tuo attuale ragazzo (cioè l'ex suocero), POLIZIOTTO (e a quel punto ti sorgono delle domande che non vorresti mai porti) e lui (il vostro attuale ragazzo) si ferma a scambiarci quattro chiacchiere con un bel sorrisone lungo come il Po? Vi è mai capitato, finalmente, dopo aver dovuto fare i conti con un passato non vostro che non vorreste mai conoscere, entrare alla festa simil milenese, divertirvi un casino (perchè nel frattempo avete deciso di mandare, saggiamente, a fanculo la ex e ex suocero) essere costrette (questa volta voi) a fare un tuffo nel vostro passato perchè la festa superfica pullula dei vostri ex? Beh a me si e tutto in una sera!
Vi è mai capitato di andare a una cena di tutti maschi e dover scoprire (con vostro rammarico) il nome della ex del vostro attuale ragazzo, dopo che gli avete ribadito gentilmente che non ve ne frega un cazzo di sapere della sua ex (perchè diciamoci la verità sapere quello che ha fatto il vostro ragazzo con la sua ex, prima che conoscesse voi, fa male, molto male, fa malissimo). E scoprire poi che la ex si chiama come tutte le ex dei tuoi ex!!!!! Che razza di presagio!
Vi è mai capitato di serbare nel cuore l'amore per una città, la VOSTRA CITTà, quella dove siete cresciute, quella a cui siete state strappate da piccole, che non dimenticherete mai, quella dove vorreste tornare a vivere. Naturale voler condividere quest'amore ispirato alla bellezza della vostra città con la persona di cui, per la prima volta nella vostra vita, siete veramente innamorate: "vedi qui sono cresciuta io, qui davo da mangiare ai piccioni, su questi leoni veneziani passavo le mie domeniche pomeriggio, questo è il Duomo....". E, invece, scoprire con molta amarezza che lui quella città già la conosce (quasi meglio di voi) perchè c'è già stato...con la sua ex!!!! E ci si stava per trasferire. E tu ti ritrovi a passare un pomeriggio nella tua amata città, colpita a tratti da domande, dubbi su quali ricordi del suo passato lo colgano mentre passeggiate insieme: "ma qui ci sarà già stato, ma avrà già fatto questo...si con un'altra...". E tutto il significato che aveva portarlo nella tua amatissima città muore. Muore senza rumore. Muore lo stupore di vedere la tua amatissima città con la persona che ami.
Allora fanculo le ex (e gli ex suoceri)! Fanculo le ombre lunghe del passato che s'insinuano nel tuo presente! Fanculo il passato! Il passato dovrebbe veramente finire in un cassetto e non riemergere più, sottoforma di spettri, zombi e fantasmi che si aggirano indisturbati nelle piazze, nelle vie, nelle città, nei locali, lungo i fiumi, sopra i ponti, nella case, nei condomini, nei palazzoni sfatiscenti. Li vedi sotto il tuo balcone fiorito e ne senti quasi l'odore. Puzzano terribilmente di polvere e fango. Emergono lenti dalle loro tombe per disturbare i tuoi sogni.
Chissene frega del passato della persona con cui stai insieme! Chissene frega di quello che faceva prima! Chissene frega di come si chiamava la sua ex! Chissene frega se già conosce la tua adorata città perchè tanto vederla con te è tutta un'altra cosa, è meglio sicuramente! Chissene frega! Chissene frega! Chissene frega! Però il passato che se ne stia al suo posto!

Violina

02 giugno 2006

tatapazz: ........................................................................

tatapazz: ........................................................................
MI TOCCO LA TEMPIA

Mi tocco la tempia e sento qualcosa di viscido, appiccicoso e caldo: sangue, il mio. Ho troppo male alla testa per capire cosa sta succedendo intorno a me. Mi accorgo di essere accasciato per terra. Sotto di me: asfalto umido, gomme masticate, mozziconi di sigarette e cacche di cane, una distesa di cacche di cane. Maledetti milanesi! Ancora non hanno capito che la pupù delle loro amate palle di pelo la devono raccogliere!
Guardo l’ora sul mio orologio digitale trovato nel fustino del Dash: sono le undici e mezza. In queste condizioni non ce la farò mai a prendere l’ultima metro. Le metropolitane mi ricordano dei bruchi. Bruchi che brulicano nei sotterranei della città. Bruchi che strisciano al buio delle gallerie con i loro occhietti luminosi. Non riuscirò mai a prendere quell’enorme bruco motorizzato.
Tasto la patta dei pantaloni: la pistola c’è ancora. Se sto disteso a pancia in giù forse nessuno la vedrà.
Uno con degli scarponi da bovaro mi sta frugando nella giacca. Si prende il portafoglio. Prendilo pure! Ci troverai solo del marocchino di pessima qualità. Fumatelo, non fare complimenti!
A poco a poco gli occhi mi si chiudono. Perdo conoscenza, di nuovo.
Un calcio al basso ventre mi sveglia all’improvviso. “Chiama un’ambulanza, va’! Sempre ‘sti fattoni…”. No, l’ambulanza no! Mi devo alzare. Devo andare via di qui. Faccio leva sulla punta dei piedi. Con un lembo della giacca nascondo la pistola. Puzzo terribilmente. Penso che nessuno mi si avvicinerà. Nessuno tenterà di fermarmi. Ma mi sbaglio. Un vecchio con un cagnolino al guinzaglio mi trattiene per un braccio: “aspetti, adesso arriva l’ambulanza!”.
Provo simpatia per quest’uomo che si preoccupa tanto di me. Non mi va di scansarlo via. Ho paura che perda l’equilibrio. Mi sembra così fragile. Senza rispondergli, azzardo un passo. Le gambe mi cedono. Le ginocchia si schiantano al suolo su un’enorme cacca fresca di cane. Con un sorriso penso che almeno sono caduto sul morbido. La testa mi gira. Sento che mi sta calando la pressione. Il vecchio è ancora accanto a me. “Si appoggi alla mia spalla”.
Mi sento un idiota a farmi aiutare da qualcuno che dovrei essere io ad aiutare. “Coraggio! La aiuto io!”. Una delle milioni di bionde, rigorosamente dell’est, in cerca di fortuna come modelle a Milano mi urta, dandomi un calcio sulla guancia. Mi guarda con stizza, schifo e occhi azzurri, gelidi. Ma chi si fila un manichino come te!
“Forza! Vuole andare a casa? L’accompagno io, giovanotto”. Il vecchio mi solleva di peso con le sue braccia rachitiche. Mi domando se si sia accorto che sto sanguinando alla testa e ho una pistola. Lentamente mi fa camminare. Non ce la faccio a parlare. Ho paura che veda la mia ferita, che si spaventi e mi lasci, qui, da solo.
“Qui tanto tempo fa’ è scoppiata una bomba! Ha fatto tanti morti!”. Una bomba?
Intravedo le guglie del Duomo. A Milano conosco solo il Duomo. Guardo l’orologio: cinque minuti alla mezzanotte. Ce la posso fare a prendere la metro! Accelero il passo. Sento la tempia che mi pulsa e questo mi impedisce di avere i riflessi pronti. Vado a sbattere contro un cestino delle immondizie. “Piano, ragazzo, piano!”.
Forse è meglio che mi liberi di questo vecchio. Arranco verso l’entrata di una metro. “Aspetti!”. Mi mancano pochi passi. In quel momento un uomo mi sbarra la strada con un cancello. Mi aggrappo all’inferriata. Ma che razza di città è questa dove la metropolitana chiude a mezzanotte e mezza! Il vecchio è dietro di me. “Su, su, giovanotto, le offro una tazza di the a casa mia. A proposito qual è il suo nome? Io mi chiamo Umberto, piacere!”.


Violina

01 giugno 2006

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...non mi passa più...

Vivo in un mondo che non esiste
Nemmeno queste lacrime sono vere
Sorrisi di plastica quelli che mi circondano
Mi vogliono far credere che tutto è bello
Mi vogliono far credere che esiste l'amore
Ma è tutto finto
Dietro questi muri di cartapesta
C'è solo il grigio delle loro anime

...voglio fumare....

......mmmmmmm........

...ufff....violina????


.......ahhhhhhhhhhhhhhhh.......


In attesa che la Violina si degni di pubblicare qualcosa...


“Cara Amica,
sono le 3 e sono ancora sveglia il mio pensiero corre a quell’uomo che tanto desidero tanto amo che si avvicina e fugge e ritorna. Sicuramente starà dormendo. Tanto per cambiare, io non ci riesco. Sto provando a dedicarmi al mio romanzo ed è incredibile come sia facile scrivere quando gli occhi ti bruciano quando l’ansia sale e non sai perché ma è certo che stai soffrendo e hai paura e fai bilanci ed escono ricordi e la penna scivola veloce. Emozioni paura dolore solitudine.
Sembra tutto così lontano ma allo stesso tempo la sensazione è così tangibile che sembra che tutto questo non mi abbia mai abbandonata.
Come non mi abbandona l’immagine dei tuoi occhi sgranati, la tua espressione affascinata quando ti racconto delle mie fughe dalla noia della nostra città, di quando mi svegliavo in piena notte con una strana agitazione valigia pronta in 5 minuti e …via, salire sul primo treno che passa seguendo l’istinto o affidandomi al caso.
E’sempre stato più forte di me. Quando parto sento la tensione che si allenta basta ansia basta tristezza. Mi si gonfia il cuore ma di cose belle. Mi sento davvero viva mi sembra di riuscire di nuovo a sognare a sperare mi sembra di avere ancora il coraggio di una volta è come rinascere libera ogni volta che mi sposto sento che non è solo una fuga da una realtà che non mi piace. E’pura vita.

Ora.

Qui accanto a me c’è la tua lettera. Quante sono le cose di me che non sai. Dici sempre che ho avuto il coraggio di fare cose che tu non avrai mai il coraggio di fare, ma non sai la merda che c’è dietro. A volte non è coraggio, è disperazione.
Quando non sai più chi sei cosa vuoi quando la tua vita ti sfugge di mano e tu ti annulli completamente.
Quando ti abbandoni agli eventi e iniziano i problemi quelli veri e sei sola e lontana e credi di essere orgogliosa mentre in realtà l’orgoglio non sai nemmeno che cos’è. Quando pur di avere un posto caldo in cui riposare un letto in cui dormire non t’importa più nemmeno con chi devi dividerlo quel letto. E ti fai schifo perché lo sai che dietro quelle cortesie c’è solo uno scopo, ma te ne freghi perché tutto è meglio di un fetido garage o della panchina fuori dalla stazione.

Sui treni la notte vola che bello vedere l’alba. Tante città, tutte diverse, piccole baie di pescatori e grandi porti per navi da crociera, verdi colline e aspre montagne. Guardare dal finestrino un nuovo giorno mentre tutti dormono. Tanti volti sconosciuti tante storie tante culture tanto amore voglia di liberta fuga dal dolore.
Una volta questa era la mia vita, il treno la mia casa, l’unico posto dove mi sentivo sicura.

Ti scrivo pensando al mio ultimo viaggio. Sola, come sempre. Alle 7 in stazione, pochi minuti alla partenza, l’adrenalina inizia a salire. Difficile da spiegare ma per me è stupendo partire. Non importa quale sia il mezzo. Tutto scorre veloce sotto i miei occhi. Il cuore accelera va veloce come quel treno la mia mente si perde in pensieri e fantasie su quei posti quei volti mai visti.. Mi sento libera è come se non avessi più corpo come se facessi parte dell’aria che mi arriva fredda dal finestrino.
Nei miei occhi l’immagine dell’interminabile pianura che mi circondava, il colore particolare della terra sotto i raggi di quel pallido grande sole. E’ bella questa zona in autunno, spazi infiniti di campi spogli. Punti lo sguardo fuori dal finestrino e sembra quasi che il treno non si muova, che il paesaggio non cambi mai, terra bruciata dal calore estivo interrotta solo da qualche sporadica casa di contadini. Sembra. Ma non per i miei occhi abituati a quello spettacolo di luci. Se guardo davanti a me posso vedere i raggi del sole ampi e fitti come una tenda a proteggere l’orizzonte. Nonostante sia quasi inverno, vedo una distesa che brilla come oro e una bambina seduta su un terreno secco e ardente, braccia bianche e delicate che si allungano a strappare una spiga di grano, piccole mani avide che la strofinano rapide e curiose per separare i chicchi. Sento il loro sapore, la loro consistenza cedere sotto la pressione dei denti. L’impasto morbido e un po’ gommoso, sapore d’estate e di gioia. Inspiro profondamente e sento quel profumo di sapone e di sole che mi ha accompagnata per tanto tempo.

Il viaggio di questa notte è stato diverso.
Solo una scomoda sedia mentre scrivo piegata sulla scrivania. Non una tratta lineare, ma un salto.
Continuerò a viaggiare, ma finalmente sono io a guidare quel treno.”